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#CUOREROSSOBLU

14/12/17 VERSO LA GARA CON LA LEONESSA MONTORO: LA PAROLA A GIOVANNI MORBIDONI

giovanni morbidoni civitanovese calcio

Ora più che mai in casa Civitanovese è vietato sbagliare. Domenica, per il tredicesimo turno di campionato, al Polisportivo di Civitanova Marche (ore 14.30) arriverà la Leonessa Montoro. Inutile dirlo, ma per i ragazzi di Nocera i tre punti saranno obbligatori per proseguire la marcia verso la promozione.

I Red Lions, come sono solitamente chiamati i giocatori della Leonessa, arriveranno carichi e con il coltello tra i denti pronti per la battaglia. Di fatto, sebbene la formazione allenata da Andrea Moschini sia reduce da due sconfitte consecutive, fino a poche settimane fa stava cullando il sogno dei playoff. Il Montoro, ripescato in estate dopo la retrocessione a seguito dello spareggio play out perso contro il Monserra, ora naviga in una zona tranquilla della classifica.

L’impegno di domenica non sembra però preoccupare Giovanni Morbidoni, difensore classe 1997 che, quando chiamato in causa, ha sempre ben impressionato in questo avvio di stagione e che ora cercherà di ritagliarsi uno spazio tutto suo in squadra. «Il mio obiettivo stagionale è avere il più tempo possibile a disposizione per giocare, ma so che sarà dura avendo una rosa di tante persone come la nostra – ha esordito Morbidoni – tuttavia ogni volta che verrò impiegato darò sempre il massimo e dimostrerò veramente quello che valgo».

Vorresti che mister Nocera ti concedesse più minutaggio? «Resto umile. Rispetto le decisioni del mister e se fa determinate scelte è perché comunque nella testa ha certe idee di gioco. Se vorrà impiegarmi di più sta a lui deciderlo, comunque il mio dovere è quello di dare sempre il massimo alla squadra e di restare concentrato in qualsiasi momento lui decida che io debba entrare».

Qual è il segreto delle vittorie della Civitanovese? «La squadra è formata perlopiù da giocatori stranieri, ma non per questo è indice di non lavoro oppure di incomprensioni. C’è un’unica lingua che parliamo tutti insieme ed è quella del lavoro in mezzo al campo, del sudore e del gruppo. Passiamo molto tempo insieme, abbiamo fatto anche diverse cene e quando giochiamo ci capiamo nonostante i problemi di lingua. Il segreto sta nel fatto che c’è sempre la motivazione giusta e l’esatto modo di improntare le partite (a parte quel piccolo sgambetto a Monte San Giusto contro il Valdichienti). Gran parte del merito va anche al mister. È un grande lavoratore, molto meticoloso nella cura del dettaglio. Il fatto che in passato sia stato un calciatore aiuta molto, perché sa come deve impostare gli allenamenti e sa come ragioniamo noi calciatori, perché lui ci è passato prima di noi».

Tra quanto, secondo te, la vera fuga dalle inseguitrici in classifica? «A mano a mano che prosegue il campionato le squadre non fornite di una lunga rosa di giocatori di spessore, con gli infortuni e le squalifiche varie, troveranno più ostacoli e quindi per questo penso che ci sarà a breve un distacco, anche perché noi stiamo pian piano crescendo. Il tema di gioco è ormai parte integrante della squadra, c’è la grinta giusta, il giusto approccio alle partite e quindi per questa serie di motivi credo che tra poco si creerà quel gap che tutti i tifosi si stanno aspettando».

Che significa per te giocare nella squadra della tua città? «Eh (sospira, ndr), qualche tempo fa significava di più perché la Civitanovese non era in Prima Categoria, però spero che io possa essere una pedina importante per riportare questa squadra nelle categoria che merita. Ogni volta che scendi in campo con la maglia della Civitanovese, anche se la situazione con i tifosi non è facile, tu combatti sempre per dare tutto quello che hai dentro, ossia il sangue rossoblu».

Due piccole curiosità: a parer tuo chi è il giocatore più forte della squadra e a chi ti ispiri calcisticamente parlando? «Alla prima rispondo Ruibal. Alla seconda Bernardeschi. Mi piace troppo ed è un esempio anche fuori dal campo, soprattutto perché lui è legato molto alla religione (cristianesimo) come me e quindi è un modello di vita».